COSA VEDE DANFORTH ALLA FINE DELLE
MONTAGNE DELLA FOLLIA?
Uno
dei racconti/romanzi più apprezzati di H. P. Lovecraft è “Alle Montagne della
Follia” che può essere considerato il precursore di un genere di racconti su
storie di spedizioni alle regioni polari. Un romanzo magistrale che fu scritto
nel 1931 ma fu pubblicato, soltanto dopo innumerevoli rifiuti, nel 1936 e in
forma rimaneggiata. Lovecraft scrisse a E. Hoffmann Price nel 1936 di essere
molto deluso e di star pensando di concludere la carriera di scrittore, cosa
che purtroppo la vita lo costringerà a fare un anno dopo.
La
storia è semplice ed avvincente: alcuni esploratori in missione in Antartide
scoprono, ai piedi di una catena montuosa gigantesca (la cui aria induce
allucinazioni-da cui il titolo del romanzo), una caverna che contiene mostruose
creature anfibie, congelate da milioni di anni, molti delle quali in perfetto
stato di conservazione. Lovecraft nel suo racconto chiama questi esseri
“Antichi” (Primevi sarebbe meglio per evitare confusioni) che sono cosa molto
diversa dai “Grandi Antichi”, visto che sembrano essere vissuti sulla Terra milioni
di anni orsono. Quando gli esploratori in missione non si fanno più sentire il
narratore ed altri esploratori accorrono per controllare cosa è accaduto e
trovano solo cadaveri e nessuna traccia delle strane creature. A questo punto
il narratore e il giovane Danforth, prendono un piccolo aereo e sorvolando la
zona scoprono, oltre la terribile catena montuosa, un immenso altopiano e i
resti di una città ciclopica e aliena, i resti di una delle città degli
"Antichi". Atterrano e vi si inoltrano scoprendo statue e bassorilievi
che mostrano la storia antichissima di questi esseri con i vari intrecci tra gli
"Antichi" che vivono in acqua, con gli "Antichi" che vivono
sulla terra ferma, con la progenie di Cthulhu, con i Mi-Go ma anche con gli
Shoggoth. Così Danforth e il narratore scoprono il tunnel che conduce all'ultima
dimora degli antichi che, per sopravvivere alla glaciazione del continente, si
sono rifugiati nelle calde acquose profondità dell'altopiano. Esplorandolo
trovano rinvengono i resti congelati di un loro compagno sparito dal campo base
e di un loro cane e capiscono che questi “antichi” non erano morti quando
furono scoperti dalla missione, ma probabilmente erano ibernati. Il narratore e
Danforth proseguono l’esplorazione della galleria e dopo poco incontrano alcuni
pinguini giganteschi che, vivendo sottoterra sono albini e ciechi.
Scendendo
ancora trovano i corpi di alcuni "Antichi" recentemente massacrati e
senza testa che è stata loro strappata e non tagliata. Infine un ulteriore
grido fa scoprire al narratore e Danforth uno Shoggoth. Un’enorme creatura mutaforma
e amorfa di plasma nero. Creature, ipotizzano inizialmente create dagli “Antichi”,
che li tenevano sotto controllo con l’ipnosi, e che si sono ribellate. Il
narratore e Danforth fuggono, voltandosi solo una volta per vedere l'orribile
Shoggoth che li tormenterà per sempre. Il romanzo è alle battute finali e durante
il volo di ritorno Danforth lancia un grido e impazzisce in quanto vede
dall’altro qualcosa di ancora più mostruoso, antico ed ancestrale, sulla
seconda catena di montagne ad ovest, qualcosa di cui non parlerà mai. Oltre
l'altopiano infatti c’è un'altra catena montuosa, altissima, di cui si scorgono
solo vaghi profili violacei.
Gli Antichi
temevano ciò che si celava al di là di esse. L'autore riconduce la regione alle
terre malvagie e leggendarie di Kadath e Leng, di cui si parla solo in pochi
testi antichi (tra cui il Necronomicon).
Il finale,
comune a molti romanzi e racconti di Lovecraft, vede i protagonisti salvarsi
dall'orrore ma rimanere per sempre tormentati ed angosciati da ciò che hanno
visto e dalle scoperte sulla natura dell'universo che non avrebbero mai voluto
fare. Il narratore afferma di aver scritto questo resoconto per scoraggiare
qualsiasi futuro tentativo di esplorare l'altopiano oltre le montagne della
follia, per non risvegliare gli orrori ancestrali che vi dimorano.
La domanda è: cosa ha visto Danforth dall’aereo?
Le parole
di Lovecraft quando descrive che Danforth si gira indietro a guardare sono: “verso l'alto nel cielo
ribollente, grottescamente annebbiato. Fu allora, proprio mentre stavo cercando
di volare in sicurezza attraverso il passo, sentì questo urlo folle...”
Più tardi
il narratore spiega cosa ha fatto urlare Danforth.
“Non era,
dichiara, nulla collegato ai cubi e alle caverne...; ma un unico, fantastico, barlume
demoniaco, sfornato dalle nuvole zenitali, di quello che si stendeva oltre
quelle altre montagne viola verso ovest che gli Antichi avevano evitato e
temuto.”
Forse
quindi Danforth vide barlumi della lontana Kadath? Ma Kadath non era nelle
terre dei sogni? Come fa a essere in Antartide? Kadath è il posto
sorvegliato dagli ‘Altri Dei’ (“sono grandi, irragionevoli e terribili, e si
annidano nei vuoti esterni”) e qui tengono prigioneri gli antichi dei della
terra che si sono esiliati nell'immensa montagna (o forse sono stati intrappolati
lì dagli ‘Altri Dei’?). Questo aspetto dei Miti di Cthulhu che Lovecraft aveva
lasciato vago nel tempo si è evoluto, proprio come è accaduto al Ciclo di Re
Artù.
Ora come detto Lovecraft fa capire che Kadath non è completamente sulla
Terra ma che è un’immensa montagna nel deserto ghiacciato-freddo. Come detto è
parte di uno spazio extra-dimensionale, chiamato Dreamland nel Ciclo di
Randolph Carter, che raramente si interseca e ha punti di contatto con il
nostro mondo come la Rue d’Auseil nel racconto “La Musica di Erich Zann”. Sembra
anche essere il luogo dove gli ‘Altri Dei’ sono costretti a fermarsi e da cui
non possono avvicinarsi di più al nostro mondo ad esclusione del loro
messaggero Nyarlathotep. Nel romanzo “Alle Montagne della Follia” a un certo
punto il narratore vede che gli Antichi hanno fatto dei murali in cui è
raffigurata una gigantesca catena montuosa e fa pensare al lettore che possa
essere il luogo in cui giace Kadath. E se è Danforth ha visto Kadath dall’aereo
forse ha visto anche qualche manifestazione dell’emissario degli ‘Altri Dei’
che controllano Kadath, il caos strisciante Nyarlathotep?
Ecco alcuni
estratti:
“Certo,
eravamo in uno dei più strani, più bizzarri e più terribili di tutti gli angoli
del globo terrestre. Di tutte le terre esistenti, era infinitamente la più
antica. Non c’era dubbio che questa orribile regione montuosa doveva essere il
favoloso altopiano da incubo di Leng di cui persino l'autore folle del
Necronomicon era riluttante a discutere. La
grande catena montuosa era infinitamente lunga [...]
E anche le
mostruose esagerazioni della natura sembravano inquietantemente a portata di
mano. Ho detto che queste vette sono più alte dell'Himalaya, ma le sculture mi
impediscono di dire che sono le più alte della terra. Quel cupo onore è senza
dubbio riservato a qualcosa che metà delle sculture esitava a descrivere,
mentre altre ne accennavano con evidente ripugnanza e trepidazione. Sembra che
ci fosse una parte di una terra antica - la prima parte che è mai emersa dalle
acque dopo che la terra si era staccata dalla luna e che gli Antichi erano
scesi dalle stelle – che era evitata come vagamente e irrimediabilmente malvagia.
[...]
Se la scala
dei bassorilievi era corretta, quelle orrende formazioni dovevano essere più
alte di 15.000 metri ed erano decisamente più vaste e ampie anche rispetto alle
montagne della follia che avevamo attraversato. Si estendevano, a quanto
sembrava, da 77 gradi di latitudine e 70 gradi longitudine est a 70 gradi di
latitudine e 100 gradi longitudine est—a meno di cinquecento chilometri dalla
città morta e, se non fosse stato per l'eterna bruma opalescente, ne avremmo
viste le terrificanti cime a occidente. L'estremità settentrionale doveva
essere ugualmente visibile dalla lunga linea costiera del Circolo Antartico,
nella Terra della Regina Maria.
Una parte
degli Antichi, nei giorni del crollo, aveva intonato strane preghiere alle montagne—ma
nessuno vi si era avvicinato o aveva osato immaginare che cosa si giacesse al
di là di esse. Nessun essere umano le ha mai viste, e considerate le emozioni
suscitate dagli antichi bassorilievi ho pregato affinché ciò non succeda mai.
Lungo la costa, e al di là delle montagne, ci sono colline a protezione che in
qualche modo le proteggono: quelle della Terra della Regina Maria e del Kaiser
Guglielmo. Ringrazio il cielo che nessuno è stato in grado di atterrare e
scalare quelle colline. Non sono così scettico nei confronti di vecchi racconti
e vecchie paure come lo ero una volta, e non rido ora del concetto espresso dai
venerabili bassorilievi per cui i fulmini, ogni tanto, si attardavano di
proposito sulle creste meditabonde, e un bagliore inesplicabile splendeva da
uno dei pinnacoli per tutta la durata della notte polare. Potrebbe esserci un
significato molto reale e molto mostruoso nei vecchi sussurri Pnakotici su
Kadath e sul Deserto Gelato.”
Cosa ha visto Danforth?
Nyarlathotep? O forse il proprio volto inorridito, imitato-clonato
da migliaia di Shoggoth mutaforma che lo sbirciavano da ogni apertura cavernosa
delle Montagne della Follia. Cosa potrebbe essere di più terrificante per far
impazzire un uomo?
Eppure
Lovecraft nel suo racconto “Il Tumulo” scritto tra il dicembre 1929 e il
gennaio 1930 (quindi oltre un anno prima di questo romanzo) a un certo punto
scrive qualcosa di collegato a “Alle Montagne della Follia” parlando di una
razza sotterranea: “Durante le ere glaciali loro eressero alcune rimarchevoli
civilizzazioni di superficie, soprattutto quella al Polo Sud vicino alla
montagna Kadath.”
Inoltre che
cosa altro avrebbe spaventato tanto gli Antichi (che non si avvicinavano alle
montagne viola) se non la vista della casa dei Grandi Antichi? La stessa cosa
che fece impazzire Danforth dopo un solo sguardo se non Kadath?