sabato 6 febbraio 2021

 

BOTHON & LOVECRAFT

 

 



 

Questo racconto, scritto nel 1932 e pubblicato su Amazing Stories, numero di agosto del 1946, è generalmente attribuito al sacerdote-scrittore Henry S. Whitehead. “Bothon” non si trova in nessuna delle raccolte dei racconti di Lovecraft eppure questa storia ha, almeno in parte, subito la forte revisione del Sognatore di Providence.


Originariamente intitolato “The Bruise,” (il livido) nessuno sa con certezza quando fu completato ma l’unico riferimento certo di una data ci viene proprio da Howard Phillips Lovecraft quando il 4 aprile del 1932 scrive al suo caro amico e compagno dell’universo di Cthulhu Clark Ashton Smith:

 

“…al momento sto aiutando Whitehead a preparare un nuovo finale e tutta l’ambientazione per un racconto che Bates ha rifiutato. La storia riguarda un giovanotto che dopo aver sbattuto la testa ha cominciato a sentire suoni di un possente cataclisma anche se la città dove si trovava era immersa nella tranquillità. Il tutto doveva essere originato dal livido - che rendeva la testa del giovane una radio naturale e gli permetteva di sentire il terremoto in Giappone - che si stava verificando in quel preciso momento. Bates ha giustamente pensato che questo fosse troppo scontato, quindi sto dando al cataclisma un nuovo scenario e sto rendendo l’origine di questo sentire ‘diversa’. Quindi ho fatto sì che il livido stimolasse le cellule della memoria ereditaria facendo sì che il protagonista ‘sentisse’ la distruzione e l'affondamento del favoloso continente di Mu avvenuta oltre 20.000 anni fa!

Tuo nel segno di Nether

E’ch-Pi-El.”

 

Chiunque ha la fortuna di leggere “Bothon” potrà rendersi conto di quanto il racconto è cambiato rispetto a questa lettera. Di quanto profonda (per quanto lo stile non è propriamente lovecraftiano) è stata l’opera di revisione di Lovecraft sul testo di H. S. Whitehead e di come questa storia meriti, alla luce di questa missiva, di essere inserita nelle collaborazioni Lovecraftiane.

 

H. P. Lovecraft stimava molto Henry S. Whitehead e scrisse anche un profondo elogio funebre quando il sacerdote-scrittore morì nel 1932. Nel suo epistolario il Sognatore di Providence era solito rimarcare orgogliosamente che lo stesso Whitehead intratteneva i suoi ragazzi leggendo loro “I gatti di Ulthar” e che in lui non c’era nulla del chierico ammuffito ma che anzi “…si vestiva con abiti sportivi, giura come un eroe e che era completamente estraneo al bigottismo o all’iniquità di qualsivoglia genere.

 

Ah, un’ultima cosa, nel racconto “Bothon” troviamo una frase che anche chi ha sentito parlare di Lovecraft solo de relato riconoscerà:

 

“I, I, I, I;—R’ly-eh!—Ieh nya, —Ieh nya; —zoh, zoh-an-nuh!” e dopo qualche riga quest’altra frase: “Ióth, Ióth,—natcal-o, do yan kho thútthut.”