martedì 26 ottobre 2021

 LO STRANO TRIANGOLO 

LOVECRAFT-JACKSON-BRAITHWAITE 3/3




Insomma Lovecraft e la Jackson si persero definitivamente di vista nel 1922. Dopo quell’anno i riferimenti a Braithwaite nelle lettere private di Lovecraft praticamente svaniscono se non in riferimento a quando qualcuno della banda letteraria veniva citato come accadde, per esempio, il giorno 11 giugno del 1923 in cui Lovecraft scrive a Clark Ashton Smith:

 

Il tuo genio è tutt'altro che poco apprezzato - anzi, Long mi dice che sei menzionato nella nuova antologia Braithwaite, (che non ho visto) un onore che non deve assolutamente essere sottovalutato.

 

Anche qui risalta come Lovecraft faccia indirettamente i complimenti anche a Braithwaite a dispetto di quanto scrisse anni prima quando scoprì la sua esistenza. Possibile quindi che avesse cambiato idea e non giudicasse dal colore della pelle o che, forse è più probabile, quella lettera privata e piena di insulti ma estemporanea del 1918, fosse scaturita dalla sua penna per la rabbia di un idillio interrotto con la Jackson proprio da Braithwhite?

 


È una delle stranezze di Lovecraft che, nonostante tutti i suoi pregiudizi razziali e le sue prime critiche contro Braithwaite per aver pubblicato “versi liberi”, sembrava davvero rispettarlo sia per la sua posizione nella letteratura americana, sia come editore letterario e critico. Che è ciò che sembra aver, dopo alcuni anni, portato Lovecraft e Braithwaite a scriversi l’un l’altro.

Durante la mia visita alla John Hay Library, mi è stato gentilmente concesso di leggere la lettera del 7 febbraio del 1930, periodo in cui Lovecraft e la Jackson si erano ormai definitivamente persi di vista. È una delle pochissime lettere rimaste in cui Lovecraft scrive a Braithwaite in risposta a un’altra lettera che ormai è andata perduta.

 


“Caro Mr. Braithwaite:—”

Sono contento che abbiate trovato meritevole il poema di Mr. Long, & spero che la sua opera possa essere riconosciuta ampiamente—infatti l’incoraggiamento derivato dal riconoscimento avrebbe senza meno l’effetto di stimolarlo con sempre maggior forza e convinzione. Ci sono pochissimi poeti - così come sono pochi gli scrittori di prosa - che esprimono appieno quel senso del cosmico e del meraviglioso che è una realtà così potente per molte  persone sensibili. Non troverebbe Weird Tales un terreno di raccolta molto ricco per materiale poetico; sebbene contenga spesso ottimi versi di Clark Ashton Smith, che voi avete occasionalmente menzionato nell'antologia. Se il signor Smith riuscisse solo a frenare la frequente tendenza alla stravaganza, penso che il suo lavoro sarebbe di importanza ancora maggiore di quanto non lo sia. Ora sta entrando in una certa misura nel campo della prosa, con fantasie e racconti esotici.

 

Che cosa sta facendo qui Lovecraft? Sta elogiando e raccomandando i suoi amici Long e Smith a una persona di colore che non apprezzava? Sta cercando di attrarre l’attenzione di Braithwaite? Difficile crederlo se ci ritornano in mente le frasi della lettera del 1918, forse era davvero solo rabbia allora?

Nel secondo paragrafo Lovecraft poi, dopo tanti anni, torna a parlare di Winifred Virginia Jackson:

 

Mi fa molto piacere apprendere dei continui progressi della Signorina Jackson, il cui lavoro ha dato un'impressione così istantanea di autentico genio un decennio fa. Ho visto e apprezzato i suoi versi successivi qua e là, e sono interessato alla prospettiva di un romanzo dalla sua penna. Starò all'erta sia per questo che per i racconti. Fin dall'inizio mi è sembrato certo che la sua opera avesse quella sicurezza di intuizione ed espressione che contraddistingue l'arte genuina, e la conferma più autorevole di quel mio giudizio è molto gratificante.

 

Wow! Lovecraft la seguì a livello letterario per anni! Lovecraft scrive che sin dall’inizio aveva capito che la Jackson era narrativamente potente e genuina e aggiunge che “la conferma più autorevole di quel mio giudizio è molto gratificante”.

Quindi il giudizio di Braithwaite è più autorevole del suo, scrive. Come si concilia tutto questo con la furiosa e razzista lettera del 1918?

Ah, e come mai Lovecraft scrive “Signorina Jackson” e non “Signora Braithwhite?”

Vedremo e analizzeremo in Howard  Phillips Lovecraft & Winifred Virginia Jackson estensivamente le collaborazioni tra Virginia e Lovecraft come “The Crawling Chaos” e “The Green Meadow” e non solo…

La lettera a Braithwaite infine termina come era iniziata, con la promozione dell’abilità e delle opere di altri scrittori da parte di Lovecraft che dopo aver incensato Long e Smith fa lo stesso con Doorways to Poetry di Maurice W. Moe. Lovecraft chiude infine la lettera con:

 

Again expressing my appreciation—

yr oblg’d & obt servt

H. P. Lovecraft

 

In cui chiaramente si evince la stima di Lovecraft nei confronti di Braithwhite a oltre dodici anni da quella sua lettera-sfogo. Forse perché dietro c’era la questione amorosa con Winifred Virginia Jackson? Il prossimo saggio Howard Phillips  Lovecraft & Winifred Virginia Jackson getterà finalmente un po’ di luce…

 

 


mercoledì 9 giugno 2021

LOVECRAFT & LOVERING IN VIDEO



E' con piacere che segnalo lo splendido video, riassuntivo ma non troppo, esaustivo al punto giusto de il canale "I Miti del Tubo" che si occupa di divulgazione Lovecraftiana.

Qui il link a cui potrete vedere LOVERING & LOVECRAFT una sorta di abstract del mio saggio sulla questione H. P. Lovecraft & P. H. Lovering.



Buona visione





mercoledì 28 aprile 2021

 LO STRANO TRIANGOLO 
LOVECRAFT-JACKSON-BRAITHWAITE 2/3




Quindi se la lettera privata in questione era figlia del clima razziale di quegli anni in America—anche se c’era un’evidente rabbia contro Braithwaite c’era però da analizzare la questione riguardo i gatti. Parlando con S. T. Joshi ho cercato di chiarire l’aspetto del gatto. Ma quale aspetto del gatto direte voi?

In una rarissima lettera nella liasion amorosa tra Lovecraft e Winifred Viriginia, il padre di Cthulhu il 7 ottobre del 1921 scrive a Winifred Virginia Jackson:

 

Sono anche contento del volantino descrittivo di Braithwaite. William Stanley è certamente a capo dei critici americani della poesia, come del resto avevo capito prima dalle recensioni di Transcript. Quando un minuscolo gattino nero carbone venne a trovarmi nel 1918 lo chiamai "William Stanley Braithwaite" e gli lasciavo masticare anche carte importanti e altro con la naturale distruttività di un critico letterario. Ma questo William Stanley mi ha abbandonato dopo il 1919: deve aver trovato le mie “poesie” sgradevoli. Vorrei sapere cosa ne è stato di lui!

Erano frecciate alla Jackson? Sapeva della loro storia? Probabilmente sì dato che lo stesso tipo di allusioni Lovecraft le faceva a Bloch quando con un pizzico di sarcasmo e invidia gli scriveva alludendo alle sue molte muse dattilografe, giovani e belle.

Nel merito Joshi stesso non ha compreso se questo gatto fosse reale e se il riferimento a Braithwaite fosse esplicito, ma io credo di sì. In quanto in quegli anni Lovecraft e Braithwaite lottavano per conquistare il cuore della Jackson. Infatti Lovecraft in una lettera a sua zia nomina quel gatto.

Ora l’idea che i gatti fossero soprannominati in senso dispregiativo da Lovecraft con intenti razziali peggiorativi delle persone nere non credo sia assolutamente corretta. Lovecraft amava i gatti più degli altri animali, erano i suoi preferiti, li riteneva più saggi e antichi degli uomini, quindi tutto ciò va confutato con forza.

A questo punto dovremmo parlare dell’affair amoroso tra Lovecraft e la Jackson, ma lasceremo al saggio Howard  Phillips Lovecraft & Winifred Virginia Jackson questo interessante compito.

Qui basti dire che nessuno sa come Braithwaite e la Jackson si conobbero. In Winifred Virginia Jackson—Lovecraft’s Lost Romance Wetzel & Everts affermano che la Jackson era interessata a entrambi gli uomini e che aveva una relazione con Braithwaite, sposato dal 1903 e che aveva già sette figli. La storia amorosa (?) con Lovecraft che vedremo in Howard  Phillips Lovecraft & Winifred Virginia Jackson era cominciata probabilmente nel 1915-16 quando i due si conobbero, pian piano condivisero sempre più doveri editoriali e ruoli di leadership nel giornalismo amatoriale  fino almeno al 1921. Da quest’anno in poi lei e Braithwaite, che già si conoscevano e con cui la Jackson aveva come detto già una relazione, divennero anche partner commerciali alla BJ Brimmer Company. Curiosamente quindi la lettera razzista di Lovecraft appare proprio nel 1918 quando probabilmente gli fu chiara la liason della sua amata anche con Braithwaite.

 

Braithwaite

Detto questo sia Lovecraft che Braithwaite condividevano non solo un apprezzamento estetico verso Winifred Virginia, si diceva che la Jackson fosse bellissima e che dimostrasse meno anni di quelli che aveva, ma anche un sentimento amoroso corroborato anche dalla stima verso la Jackson come poetessa. Si pensi che entrambi scrissero valutazioni critiche che lodavano le sue opere: Lovecraft in riviste amatoriali e Braithwaite in forma più ampia attraverso le sue antologie. Curiosamente anni dopo Lovecraft ha richiamato l'attenzione sulle lodi di Braithwaite verso la Jackson:

 

The United takes pride in the distinguished recognition just accorded its premier poetess, Winifred Virginia Jackson; recognition of a degree hitherto gained by no other amateur journalist. Four poems of Miss Jackson’s, “Fallen Fences”, “Miss Doane”, “The Farewell”, and “Cross-Currents”, have been selected by the eminent critic and editor, William Stanley Braithwaite, for publication in his 1921 “Anthology of Massachusetts Poets”, whilst another notable group has won the supreme distinction of inclusion in Mr. Braithwaite’s authoritative general “Anthology of Magazine Verse” for 1921, to be published in November. We may appreciate the honour thus reflected upon the United when we consider the exclusive standards and classical reputation of the Braithwaite anthologies, as published by Small, Maynard & Co. of Boston. These anthologies, says the New York Times, are “signs of the times and milestones upon the way”. According to the Atlantic Monthly, they “Show the vigorous state of American poetry”. Of Mr. Braithwaite the late William Dean Howells said: “Mr. Braithwaite is a critic very much to our mind, and is the most intelligent historian of contemporary poetry we can think of.” The United indeed has reason to congratulate its poeticla luminar, and indirectly itself, as the first and continued field of Miss Jackson’s efforts.

—H. P. Lovecraft, “New Notes,” United Amateur 21, N. 1 (Sett. 1921) in Collected Essays 1.

 

Ora perché mai Lovecraft avrebbe richiamato l’attenzione delle lodi del critico letterario di colore se era così razzista e disprezzava così tanto tanto Braithwaite? C’è sicuramente qualcosa che non torna e anzi, torna a galla probabilmente la furia per aver perso, a causa di Braithwaite la sua amata nel 1918. Nel saggio Howard  Phillips Lovecraft & Winifred Virginia Jackson è ben evidenziato come quando Lovecraft si sposò con l’immigrata ebrea ucrania Sonia Haft Shafirkin, più nota come Sonia Green, questa affermò di averlo letteralmente “strappato dalle grinfie della Jackson”.

Lovecraft e Sonia


Forse adesso è anche più comprensibile lo sdegno delle vecchie zie di Lovecraft, quando egli si sposò con Sonia in quel di Manhattan. Forse è più chiaro come la società di quell’epoca non apprezzasse quel genere di matrimoni con immigrati (Lovecraft non invitò le zie!) fossero essi di colore, italiani, irlandesi o russi! Possibile non vedere come Lovecraft, nato conservatore, fosse a suo modo e nella sua vita privata un progressista? In fondo sembra che pure la Jackson, la sua prima fiamma, fosse mulatta… ma questo lo analizzeremo meglio sfogliando le pagine del saggio Howard  Phillips Lovecraft & Winifred Virginia Jackson.

Continua...

martedì 16 marzo 2021

 

LO STRANO TRIANGOLO 

LOVECRAFT-JACKSON-BRAITHWAITE 1/3

 

 


Riflessioni di vario genere sui versi insoliti prevalenti in quest’epoca mi portano a menzionare un nuovo bardo il cui lavoro non ho ancora esaminato, ma la cui poesia è stata recensita dal signor William Stanley Braithwaite in un recente numero del “Boston Transcript” Scrive H. P. Lovecraft ai Kleicomolo.

Siamo nel 1917 e William Stanley Braithwaite, quasi quaranta anni scriveva per il Boston Transcript da almeno dodici e in quell’anno avrebbe pubblicato la sua quarta antologia annuale di “Magazine Verse” pur essendo uno scrittore di colore. In tutta la vita Braithwaite subì discriminazioni per il colore della sua pelle ma anche sperticati elogi per il suo lavoro come poeta, critico ed editore. In quello stesso anno, il 1917, H. P. Lovecraft aveva 27 anni ed era appena emerso dalle macerie della sua vita familiare, grazie al Giornalismo Amatoriale dove convogliò—grazie a Cook—i suoi scritti, i suoi componimenti poetici  e le sue critiche letterarie, sia via lettera sia recandosi di persona alle convention.

Nessuno sa come e quando Lovecraft conobbe Braithwaite quello che è certo è che lo cita per la prima volta in una lettera del 1916 riguardante The Poetry Review of America e sembra che Braithwaite abbia sentito parlare di Lovecraft solo nel 1921 riguardo alcuni poemi collegati a Winifred Virginia Jackson che furono pubblicati su The Conservative la rivista diretta da Lovecraft. Vedremo nel saggio prossimamente alle stampe come Winifred Virginia Jackson fu il collegamento tra i due, anzi in Howard Phillips Lovecraft & Winifred Virginia Jackson scopriremo ben altro!

Per quel che qui ci riguarda Lovecraft e Braithwaite non si conobbero mai di persona cosa curiosa in quanto a legarli non era solo la splendida Winifred ma anche Clark Ashton Smith e George Sterling che frequentavano gli stessi circoli letterari, quindi allo stato sappiamo che Lovecraft e Braithwaite si scambiarono solo qualche lettera… lettere quasi tutte purtroppo scomparse. Scomparse come quelle tra Lovecraft e la Jackson (lei gli chiedeva di bruciarle subito dopo averle lette) un po’ come i messaggi odierni di Whatsapp o di Telegram, ma questi sono argomenti che analizzeremo nel saggio. Tornando a Braithwaite e al fatto che fosse di colore troviamo da più parti scritto che era difficile giudicare la razza da una foto in bianco e nero sui giornali dell’epoca. Così come alcuni studiosi ritengono, anche se non lo crediamo, che Lovecraft apprese solo in seguito che Braithwaite non fosse bianco. Siamo nel 1918 quando, aprendo un giornale Lovecraft apprese che William Stanley Braithwaite aveva vinto la Springarn medal—un premio annuale per gli Afro Americani. Quanto scrisse privatamente a Rehinhart Kleiner il 5 maggio di quello stesso anno fu la sua lettera più virulenta e razzista.

Parlando di critici di poesia—non mi sono ancora ripreso dallo shock che il giornale mi ha dato la scorsa notte! Alla First Baptist Church in questa città, venerdì sera, si è tenuta la cerimonia annuale del premio “Spingarn Medal”, che viene assegnate a un membro della razza nera che ottiene il miglior successo in qualsiasi campo di elevato o onorevole impegno umano durante l'anno. A questi esercizi impressionanti, il Gov. Beeckman del Rhode Island ha premiato con grazia il distintivo della supremazia africana al poeta, critico ed editore letterario di Boston: William Stanley Braithwaite !!!!!!!!!!!! Pensaci - masticalo - lascia che penetri nella tua coscienza stupita e oltraggiata - il grande dittatore di Transcript, il piccolo zar della Poetry Review, è un nero, un meticcio, una semi-scimmia! —Sì, dei—sospiro—non posso dire di più! Aiutatemi, voi elfi e demoni benigni dell’ anticlimax! Così, questo è il tizio che ha tenuto i destini del nascente Milton nella sua mano fuligginosa; questo è il saggio che ha posto il sigillo della sua approvazione sul vers libre e sull'amylowellismo: un miserabile mulatto! Pensare agli anni in cui ho preso sul serio questo nero, leggendo i suoi testi critici come se fosse un bostoniano e un uomo bianco! Potrei prendermi a calci! L'immagine di William è stampata nel Bulletin accanto alla notizia, e dalla somiglianza data non posso dedurre alcun segno visibile del suo sangue nero. Un paio di baffi pesanti ricadono su quelle che potrebbero essere spesse labbra negroidi. Ma dopotutto ... suppongo che abbia solo una leggera macchia della bestia. Nessun nero più nero di un mendicante potrebbe mai raggiungere il livello intellettuale che ha senza dubbio raggiunto. Non sto minimizzando ciò che il tizio sa, ma penso che sia mostruoso di cattivo gusto al Transcript imporre un nero ai suoi lettori letterari!

 

Va ricordato che questa lettera privata viene scritta nel periodo in cui in America c’erano le leggi razziali. Il razzismo negli Stati Uniti d'America nacque fin dall'epoca coloniale. I privilegi e i diritti dati ai bianchi americani, erano negati ai nativi americani, agli afroamericani, agli asioamericani e agli ispanici sudamericani. Agli statunitensi di origine europea, in particolare ai ricchi protestanti anglosassoni, vennero concessi privilegi esclusivi in materia d'istruzione, immigrazione, diritto di voto, cittadinanza, acquisizione dei terreni e procedimenti penali per un periodo di tempo che va dal XVII secolo fino agli anni sessanta del XX secolo. Quindi Lovecraft è figlio di quell’epoca e anzi scrisse questa lettera privatamente e pubblicamente non diede mai alcun accenno razziale come invece faceva il mondo intorno a lui.  In quel periodo infatti anche gli immigrati europei non protestanti irlandesi, polacchi e italiani subirono, all'interno della società statunitense, un'emarginazione xenofoba ed altre forme di discriminazione basate sull'etnia e, almeno fino ad un certo periodo, non vennero neppure considerati come degli autentici bianchi.

Quindi tornando alla lettera in questione, che ricordo era una lettera privata, pare evidente come Lovecraft fosse convinto—insieme alla cultura americana dell’epoca—che la razza nera non fosse al livello di quella bianca. Detto questo, nonostante tutto il razzismo presente in questo stralcio di lettera, c'è motivo di pensare che almeno parte dell'indignazione di Lovecraft sia un'iperbole: il riferimento al vers libre (verso libero, poesia che non segue le regole convenzionali della rima o del metro) e “amylowellismo” (Amy Lowell era una nota sostenitrice del verso libero) riflette i pregiudizi poetici di Lovecraft piuttosto che i suoi pregiudizi razziali, ma questo immagino sia chiaro solo a coloro che masticano tali argomenti di critica letteraria.

Nella lettera il razzismo di Lovecraft è netto e sebbene ci siano poche menzioni di Braithwaite nella sua corrispondenza, ha sentito il bisogno di ri-scrivere questo suo astio anche ad altri stretti corrispondenti definendo il critico letterario “il nero Bill Braithwaite" o, “quell'eminente critico moro William Stanley Braithwaite” (Letters to Family & Family Friends) e “nero Braithwaite” (Letters to Maurice W. Moe). Non è confortante ricordare che un simile sentimento razzista era a quell’epoca condiviso da molti altri, come Agatha Christie “Ten Little Niggers” questo il titolo originale di “Dieci Piccoli Indiani”, Jack London o H. L. Mencken che in una lettera del 1919 a George Sterling fece riferimento a “The Braithwaite coon” (From Baltimora to Bohemia) e così via. Quello che va notato è che Lovecraft scrisse questa lettera carica di insulti razzisti a un suo amico e che era una lettera privata, non pubblica, epiteti riservati alla sua famiglia e gli amici più stretti nelle rare occasioni in cui Braithwaite apparve nella sua corrispondenza. Erano lettere private, non mi stancherò mai di dirlo, che mai Lovecraft immaginava potessero essere rese pubbliche, questo il lettore di oggi probabilmente lo dimentica un po’ troppo spesso. Sarebbe un po’ come se oggi venissero rese pubbliche le chat di whatsapp private... chissà cosa troveremmo…

CONTINUA…

sabato 6 febbraio 2021

 

BOTHON & LOVECRAFT

 

 



 

Questo racconto, scritto nel 1932 e pubblicato su Amazing Stories, numero di agosto del 1946, è generalmente attribuito al sacerdote-scrittore Henry S. Whitehead. “Bothon” non si trova in nessuna delle raccolte dei racconti di Lovecraft eppure questa storia ha, almeno in parte, subito la forte revisione del Sognatore di Providence.


Originariamente intitolato “The Bruise,” (il livido) nessuno sa con certezza quando fu completato ma l’unico riferimento certo di una data ci viene proprio da Howard Phillips Lovecraft quando il 4 aprile del 1932 scrive al suo caro amico e compagno dell’universo di Cthulhu Clark Ashton Smith:

 

“…al momento sto aiutando Whitehead a preparare un nuovo finale e tutta l’ambientazione per un racconto che Bates ha rifiutato. La storia riguarda un giovanotto che dopo aver sbattuto la testa ha cominciato a sentire suoni di un possente cataclisma anche se la città dove si trovava era immersa nella tranquillità. Il tutto doveva essere originato dal livido - che rendeva la testa del giovane una radio naturale e gli permetteva di sentire il terremoto in Giappone - che si stava verificando in quel preciso momento. Bates ha giustamente pensato che questo fosse troppo scontato, quindi sto dando al cataclisma un nuovo scenario e sto rendendo l’origine di questo sentire ‘diversa’. Quindi ho fatto sì che il livido stimolasse le cellule della memoria ereditaria facendo sì che il protagonista ‘sentisse’ la distruzione e l'affondamento del favoloso continente di Mu avvenuta oltre 20.000 anni fa!

Tuo nel segno di Nether

E’ch-Pi-El.”

 

Chiunque ha la fortuna di leggere “Bothon” potrà rendersi conto di quanto il racconto è cambiato rispetto a questa lettera. Di quanto profonda (per quanto lo stile non è propriamente lovecraftiano) è stata l’opera di revisione di Lovecraft sul testo di H. S. Whitehead e di come questa storia meriti, alla luce di questa missiva, di essere inserita nelle collaborazioni Lovecraftiane.

 

H. P. Lovecraft stimava molto Henry S. Whitehead e scrisse anche un profondo elogio funebre quando il sacerdote-scrittore morì nel 1932. Nel suo epistolario il Sognatore di Providence era solito rimarcare orgogliosamente che lo stesso Whitehead intratteneva i suoi ragazzi leggendo loro “I gatti di Ulthar” e che in lui non c’era nulla del chierico ammuffito ma che anzi “…si vestiva con abiti sportivi, giura come un eroe e che era completamente estraneo al bigottismo o all’iniquità di qualsivoglia genere.

 

Ah, un’ultima cosa, nel racconto “Bothon” troviamo una frase che anche chi ha sentito parlare di Lovecraft solo de relato riconoscerà:

 

“I, I, I, I;—R’ly-eh!—Ieh nya, —Ieh nya; —zoh, zoh-an-nuh!” e dopo qualche riga quest’altra frase: “Ióth, Ióth,—natcal-o, do yan kho thútthut.”



lunedì 18 gennaio 2021

 Solitario, mio Solitario









In una lettera a Robert Bloch, l'autore di Psycho, il 22 luglio del 1933 H. P. Lovecraft a un certo punto scrive una frase sibillina: 

Frank Belknap Long & i suoi genitori sono passati per Providence sulla via di Cape Cod—anche un’amica  di Klarkash-Ton...
 
Si tratta della bellissima e giovane Helen V. Sully di cui poco si sa. Da notare che Lovecraft in questa frase fa sottintendere, che lei lo sia andato a trovare. Personalmente, conoscendo la ritrosia di Lovecraft nel divulgare notizie del genere, trovo che la frase possa nascondere molto più di quel che sembri. Helen nata nel 1904, oltre ad essere bellissima aveva anche 14 anni meno di Lovecraft che, sono poche le notizie in merito pagò per lei tutte le spese del suo soggiorno a Providence. Ma allo stato dei fatti non sappiamo se Helen abbia dormito per tutti i giorni (non sappiamo neppure quanto tempo sia stata da Lovecraft) alla Pensione che dava sul retrogiardino del numero 66 di College St. O se entrambi abbiano dormito fuori, certo è che Lovecraft le fece vedere molti luoghi nei dintorni di Providence. Nel testo A Dreamer and a Visionary, scopriamo che  che Helen cominciò a scrivere a Lovecraft solo dopo averlo incontrato di persona, cosa del tutto inusuale per le amicizie del ‘solitario’ (sic!) di Providence. 
Quindi nell'estate del 1933 il nostro ‘solitario’ se ne andò in giro per il Rhode Island con la bella e giovane Helen e gli fece vedere Providence e poi le città di Newport, Newburyport, e chissà dove altro la portò-le notizie sono scarse in merito. 
Leggendo Helen  V.  Sully,  “Memories   of   Lovecraft:  II”   (1969),  che si trova in Lovecraft Remembered, p. 278 scopriamo che una sera Lovecraft portò la giovane e bella Helen nel camposanto segreto della St John's Episcopal Church. 
Scrive Helen:
“Era buio e lui cominciò a raccontarmi strane e inquietanti storie in tono sepolcrale e, nonostante il fatto che io sia una convinta materialista, qualcosa nel suo modo di raccontare, nel buio, e una specie di luce insolita che sembrava galleggiare sopra le lapidi, mi spinse a fuggire fuori dal cimitero con lui che mi correva subito dietro, con l'unico pensiero che dovevo arrivare in strada prima che lui, o qualunque cosa fosse, mi afferrasse. Raggiunsi un lampione tremante, ansimante e quasi in lacrime, e lui aveva un'espressione strana sul viso, quasi di trionfo. Non mi ha detto nulla.” 

Insomma: proprio un solitario musone.


PS: in quel periodo la zia con cui Lovecraft viveva al n. 66 di College St. era appena tornata a casa dall'ospedale e un'infermiera la curava ventiquattro ore al giorno, vivendo in camera con lei.

I topi nei muri ballano?