lunedì 21 marzo 2022





 

LOVECRAFT E LA BESTIA DELLA CAVA

Il 30 luglio del 1923 H. P. Lovecraft scrive a Clark Ashton Smith:

“…ti accludo anche una delle mie primissime storie che ho conservato “The Beast in the Cave”, scritta all’inizio del 1905, quando avevo quattordici anni e mezzo. Mi auguro tu possa leggerla—è piena di correzioni passate & contemporanee del 1918 circa quando ho cercato di dargli una forma decente per le riviste amatoriali. Difficilmente potrai immaginare l’ammontare di tempo che ho passato nello sforzo di renderla realistica. La mia ricompensa per questo sforzo mi è arrivata da numerose persone che hanno visitato la Cava e che hanno pensato che anche io l’avessi fatto—quando in verità non sono mai stato neppure a mille miglia dal suo ingresso!"

 

Mammoth Cave, 1844

 

La Bestia nella Caverna

“Sembrava essere una scimmia antropoide di grandi proporzioni, sfuggita, forse, a qualche serraglio itinerante. I suoi capelli erano bianchi come la neve, cosa dovuta senza dubbio all'azione schiarente di una lunga esistenza entro i confini della grotta inchiostrata, ma erano anche sorprendentemente sottili, essendo in effetti in gran parte assenti tranne che sulla testa, dove era di tale lunghezza e abbondanza che cadeva sulle spalle in notevole profusione. Il viso non era visibile, poiché la creatura giaceva quasi direttamente su di esso. L'inclinazione delle membra era molto singolare, spiegando però l'alternanza nell'uso che avevo prima notato, per cui la bestia usava talvolta tutte e quattro, e altre volte solo due arti per spostarsi. Dalla punta delle dita delle mani o dei piedi si estendevano lunghi artigli simili a quelli dei topi. Le mani o i piedi non erano prensili, un fatto che attribuii a quella lunga residenza nella grotta che, come ho detto prima, sembrava evidente dal candore onnipervadente e quasi ultraterreno così caratteristico dell'intera anatomia. Nessuna coda sembrava essere presente.”

Avrete sicuramente riconosciuto il famoso racconto giovanile del Sognatore di Providence intitolato “The Beast in the Cave” ma di chi sta parlando il giovane H. P. Lovecraft? Perché sottintende a una lunga residenza in quella grotta di questo strano essere?

“Il respiro era ormai diventato molto debole, e la guida aveva estratto la pistola con l'evidente intento di mandare via la creatura, quando un suono improvviso emesso da quest'ultima fece cadere l'arma. Il suono era di natura difficile da descrivere. Non era come la nota normale di nessuna specie conosciuta di scimmia, e mi chiedo se questa qualità innaturale non fosse il risultato di un lungo silenzio continuo e completo, rotto dalle sensazioni prodotte dall'avvento della luce, cosa che la bestia non avrebbe potuto vedere dal suo primo ingresso nella grotta. Il suono, che potrei debolmente tentare di classificare come una specie di chiacchiericcio profondo, continuava debolmente.

All'improvviso un fugace spasmo di energia sembrò passare attraverso la struttura della bestia. Le zampe subirono un movimento convulso e gli arti si contrassero. Con un sussulto, il corpo bianco si rotolò in modo che la sua faccia si volse nella nostra direzione. Per un momento fui così colpito dall'orrore agli occhi così rivelati che non notai nient'altro. Erano neri, quegli occhi, di un nero profondo, in orribile contrasto con i capelli e la carne bianchi come la neve. Come quelli di altri abitanti delle caverne, erano profondamente sprofondati nelle loro orbite ed erano del tutto privi di iride. Guardando più da vicino, vidi che avevano una faccia meno prognata di quella della scimmia media, e infinitamente meno pelosa. Il naso era abbastanza distinto. Mentre guardavamo quella inquietante nostra visione, le grosse labbra si aprirono e da esse uscirono diversi suoni, dopo di che la cosa si rilassò nella morte.”

Chi è ciò che il giovane Lovecraft di appena quattordici anni sta descrivendo?

“La paura se ne andò e al suo posto subentrarono meraviglia, timore reverenziale, compassione e riverenza, poiché i suoni emessi dalla figura colpita che giaceva distesa sulla pietra calcarea ci avevano detto la terribile verità. La creatura che avevo ucciso, la strana bestia della caverna insondabile, era, o era stata un tempo, un UOMO!”

Manoscritto originale di Lovecraft

Lovecraft ci dice che era stato un uomo! Un essere umano. Ma quale uomo? Siamo nel 1904, tempo della stesura della prima bozza di “La Bestia nella Grotta”. Quale uomo avrebbe potuto vivere in quella enorme grotta a quei tempi e perchè?

 

 

Il dottor Croghan e il popolo della tosse

Nello stato del Kentucky, sotto un parco nazionale esiste il sistema di grotte più lungo al mondo conosciuto. Mammoth Cave è un nome appropriato, comprende più di 630 km  di passaggi noti e chissà quanti ignoti che si dice sia abitata dal popolo della tosse. La storia nasce nel 1842, quindi oltre cinquanta anni prima del racconto di Lovecraft, quando un medico del Kentucky, John Croghan, condusse un gruppo di volontari a vivere nelle viscere delle grotte, nel buio pesto, per mesi e mesi. Il dottore lo fece perché credeva che condurre 15 pazienti nelle condizioni uniche di Mammoth Cave potesse essere la chiave per il trattamento della tubercolosi.

Parliamo di una malattia non curabile nel diciannovesimo secolo. Conosciuta anche come consuzione, tisi, scrofola e peste bianca, la tubercolosi è una malattia batterica che colpisce il sistema respiratorio per il resto della vita. Era nota come Consunzione in quanto questi erano gli effetti della malattia. Questa rapida perdita di peso, pelle pallida e febbre portano a un aspetto scarno e spettrale e a un estremo affaticamento. Nella cultura popolare era descritta come una “malattia romantica”, rivelando la sensibilità del malato e portando alla creazione di alcune delle più grandi opere d'arte e letteratura del mondo. Fu così influente che divenne di moda sia per le donne che per gli uomini essere magri, enfatizzare le clavicole e incipriarsi i volti per apparire il più pallidi e febbrili possibile.

 

Il dottor John Croghan e la Grotta del Mammut

John Croghan di Louisville, Kentucky, era un medico di una ricca famiglia locale, alla ricerca di una cura per la tubercolosi. Avendo lavorato come fondatore e direttore del Louisville Marine Hospital dal 1823 al 1832, gli fu diagnosticata la tubercolosi. Nel 1839, Croghan acquistò 2.000 acri di terra, tra cui Mammoth Cave, e diversi individui ridotti in schiavitù per $ 10.000. Parte delle sue intenzioni era di trarre profitto dai tour della grotta, iniziati nel 1816. Tuttavia, Croghan era mosso anche un altro motivo...

Croghan voleva aprire un grande centro termale nel profondo del sistema di grotte, che aveva notato avere una temperatura costante. La base del suo trattamento sperimentale consisteva nell'utilizzare il clima temperato della grotta e il suo presunto effetto stabilizzante sul corpo per temperare o curare potenzialmente la tubercolosi. Croghan asserì che l’aria delle Mammoth Cave avesse proprietà curative, dato che la materia organica non sembrava appassire o decadere nella grotta. Sembra follia ma dai registri si sa che Croghan fece vivere undici pazienti tubercolotici, quattro compagni e il figlio di un paziente nella grotta durante l'inverno del 1842.

Nell'inverno del 1842, il dottor Croghan condusse i suoi pazienti nelle caverne dove, per quanto ne sappiamo, si impegnarono volentieri nel suo esperimento. Dovevano vivere nella caverna a tempo indeterminato, o finché non fossero stati abbastanza bene da andarsene. I residenti della grotta avevano accesso limitato all’esterno e erano gli schiavi a consegnare loro i pasti. Qui di seguito una foto a testimoniare la follia di quanto accaduto veramente nel ventre della grotta.

Consumptive’s Room, Mammoth Cave, Kentucky. (Photo: Library of Congress/LC-USZ62-64952)


Per cinque mesi, i pazienti del dottor Croghan vissero nelle profondità delle grotte. La loro unica luce proveniva da lampade a olio di strutto e falò con il conseguente fumo nocivo che rimaneva nelle grotte e nei polmoni senza disperdersi. Leggevano sermoni episcopali e mangiavano cibo sano, consegnato dagli schiavi che vivevano fuori della caverna.

Dai documenti dell’epoca risulta che fossero quindici e sembravano più una compagnia di scheletri che altro. Ma Croghan la sapeva lunga e oltre all’esperimento organizzava tour di turisti che venivano guidati in visita attraverso il sistema di grotte. Sia gli schiavi che i visitatori riportarono la vista inquietante di pallidi, spettri che emergevano dall'ombra, dal fumo e dalle fiamme, che si agitavano e tossivano alla luce smorzata delle torce. Scene bizzare di figure pallide e spettrali in vestaglia che si muovevano lentamente, entrando e uscendo da capanne in ombra, e il silenzio delle grotte rotto da tosse e conversazioni mormorate.

Oggi dentro Mammoth Cave esiste una pietra chiamata “Corpse Rock” dove sono sepolti i cinque che morirono prima della fine dell’esperimento. Gli altri finirono l’esperimento ma nessuno sa che fine abbiano fatto, lo stesso dottor Croghan morì a causa della tubercolosi nel 1849.

Alla fine del diciannovesimo secolo, Mammoth Cave era una curiosità naturale degna di nota a livello internazionale ed era oggetto di numerosi racconti e periodici. Nel 1877, 35 anni dopo l'inizio dell'esperimento in Mammoth Cave, Harper's Weekly pubblicò un articolo che includeva due incisioni, che documentavano e drammatizzavano la storia morbosa della grotta. Con una tiratura di oltre 100.000 copie, Harper's Weekly è stata una pubblicazione onnipresente e di grande successo negli Stati Uniti. L'inclusione di un tale articolo suggerisce che c'era ancora un interesse significativo nella storia del dottor Croghan e dei suoi pazienti molto tempo dopo la loro scomparsa. In effetti, la prima riga della pagina recita “La Mammoth Cave del Kentucky è stata descritta così frequentemente sia nel nostro che in altri periodici che le due incisioni su questa pagina avranno bisogno solo di una breve menzione".


Henry Duff Linton’s Harper’s Weekly engraving The Mammoth Cave – House Formerly Used by Consumptive Patients, 1877. (Photo: Library of Congress/LC-USZ62-119566)

 

Le incisioni sono accompagnate dalla seguente, brevissima descrizione:

“[La prima immagine] rappresenta le rovine di un albergo che è stato costruito in una delle camere più grandi delle grotte per l'accoglienza di pazienti tisici e asmatici, essendo stata raccomandata la temperatura fissa e l'atmosfera nitrosa come rimedio per le malattie dei polmoni . È stato abbandonato da tempo, tuttavia, poiché gli invalidi hanno trovato poco o nessun sollievo per le loro sofferenze, qualunque beneficio possa essere stato derivato dall'aria peculiare essendo stato più che controbilanciato dalle influenze deprimenti di un soggiorno sotterraneo/ il secondo schizzo mostra un gruppo che attraversa il fiume delle caverne, che ha ricevuto il cupo [sic] nome dello Stige”.

Non credo sia assolutamente sfuggito questo racconto, che ha anche un riferimento al mitologico fiume greco che segnava il confine tra le terre dei vivi e dei morti, al giovane Howard Phillps Lovecraft.

H. P. Lovecraft scrisse “The Beast in the Cave” la prima stesura è datata nella primavera del 1904, e la storia definitiva è dell’aprile del 1905, quando Howard Phillip Lovecraft aveva quattordici anni. Un quattordicenne che poteva aver letto quanto sin qui scritto vista la notorietà della Mammoth Cave e di questi strani esperimenti. Il racconto uscì soltanto nel 1918 sulla rivista The Vagrant n.7. Ed è uno dei primi racconti di Lovecraft che ci è rimasti, gli altri furono bruciati da Lovecraft stesso nel 1908!

La trama del suo racconto è ben nota:

Un uomo che visita la vasta Mammoth Cave si separa dalla sua guida e si perde. La sua torcia si spegne e sta rinunciando alla speranza di trovare una via d'uscita nel buio pesto quando sente strani passi non umani avvicinarsi a lui. Pensando che sia un leone di montagna smarrito o un'altra bestia simile, raccoglie una pietra e la lancia verso la fonte del suono. La bestia viene colpita e si accartoccia a terra. La guida trova il protagonista e insieme esaminano la creatura caduta alla luce della torcia della guida. La creatura borbotta nei suoi ultimi respiri e ne vedono la faccia. Scoprono un umano pallido e deforme, che si era perso anche lui nella grotta molti anni fa.

Si tratta quindi di un mostro o di uno dei pazienti persi del dottor Croghan?

“La mia torcia aveva già cominciato a spegnersi; presto sarei stato avvolto dall'oscurità totale e quasi palpabile delle viscere della terra. Mentre mi trovavo nella luce calante e instabile, mi chiedevo pigramente quali fossero le circostanze esatte della mia prossima fine. Ricordai i resoconti che avevo sentito della colonia di tisici, che, stabilendosi in questa grotta gigantesca per trovare salute dall'aria apparentemente salubre del mondo sotterraneo, con la sua temperatura costante e uniforme, l'aria pura e la quiete pacifica, aveva invece trovato la morte in forma strana e orribile. Avevo visto i tristi resti delle loro case mal fatte mentre ne passavo accanto con il gruppo, e mi ero chiesto quale innaturale influenza avrebbe esercitato un lungo soggiorno in questa immensa e silenziosa caverna su uno sano e vigoroso come me.” Scrive Lovecraft nel suo racconto ponendo una domanda implicita al lettore: Se una colonia di individui venisse separata dal resto della civiltà umana, è possibile che alla fine possa deviare geneticamente dal resto dell'umanità e alla fine diventare una nuova specie? Sì, questo è uno dei meccanismi primari della speciazione e oggi può esser fatto anche semplicemente modificando i geni delle persone senza costringerle ad avventure come quelle della cura della tubercolosi in una grotta e poi alla sopravvivenza in ambienti separati e diversi da quelli degli altri esseri umani, come immaginato dal giovane Sognatore di Providence nel 1904 sulla scorta degli articoli dei giornali che raccontavano quanto accaduto decenni prima.

È quindi possibile che Lovecraft si fosse ispirato alla storia sin qui realmente accaduta per il suo racconto. Che la ‘bestia nella grotta’ fosse uno di quei pazienti che si trascinavano per la grotta in vestaglia, con un aspetto pallido, scarno ea un passo dalla morte quello che cercava di uscire e che fu ucciso da una pietra?

Di una cosa siamo sicuri che se una colonia di sopravvissuti alla tubercolosi continuasse a esistere ea riprodursi, completamente separata dal resto dell'umanità, il risultato potrebbe essere le creature in “La Paura in Agguato”. Non sappiamo se la Bestia nella Caverna è un intermediario o un collegamento diretto tra gli umani e questi abitanti sotterranei, ma è probabile che il quattordicenne Lovecraft ancora non si ponesse razionalmente questa domanda.