domenica 22 marzo 2020

H.P. LOVECRAFT & IL RAZZISMO




Oggi la stella di H.P. Lovecraft brilla fulgida nell’astronomia letteraria. I suoi così detti Miti di Cthulhu appaiono, più o meno chiaramente, in qualsiasi film, fumetto o serie tv horror-weird. Gli dèi alieni sono ovunque e i nomi delle divinità che compongono il suo pantheon risuonano in decine di battute siano quelle di una canzone, di un film di una serie tv, di un romanzo o di un fumetto. Yog-Sothoth e Nyarlathotep sono penetrati ovunque: da Batman a South Park. È davvero ironico per un uomo che odiava la cultura pop e si considerava un gentiluomo del XVIII secolo nel bel mezzo dell'era del jazz.

Le storie di Lovecraft sono particolari eppure potremmo tracciarne un fil-rouge: un intellettuale della Nuova Inghilterra si crogiola troppo profondamente in antichi segreti e viene distrutto da cose che l'umanità sarebbe stato meglio non avesse conosciuto. La straordinaria immaginazione di Lovecraft non passa mai di moda: “Il Richiamo di Cthulhu” prevede un culto mondiale per un mostro-dio morto, tentacolato, destinato a una rinascita allo stesso tempo messianica e apocalittica. Leggendo “La Maschera di Innsmouth” scopriamo gli abitanti di un villaggio morente del Massachusetts ormai incrociati con esseri marini per ottenere vantaggi per la loro economia ormai decadente. In “Alle Montagne della Follia” uno dei suoi pochissimi romanzi, troviamo una spedizione in Antartide che scopre le rovine di una civiltà pre-umana non del tutto estinta. E in “Il Colore Venuto dallo Spazio”, di cui è appena uscito un film e a cui presto seguirà un saggio interamente dedicato—che vedrà le stampe di qui a qualche settimana—abbiamo la descrizione di uno degli alieni più memorabili e terrificanti di tutta la fantascienza (che tra l’altro potrebbe persino essere un virus!). Le sue storie sono corredate da temi decadenti, da oscuri segreti di famiglia e da conoscenze proibite. Non per niente il suo epigono Stephen King (che gli deve tutto!), lo ha definito il più grande scrittore horror.
Lovecraft, o HPL come è chiamato dai suoi ammiratori, ha una prosa perfetta in lingua inglese che in italiano perde fascino e forza.  Qualcuno oggi lo critica per il suo stile prolisso e per uno sviluppo dei personaggi inesistente, quindi non dovrebbe essere così bravo, eppure lo è. Come dice il narratore del “Modello di Pickman” a proposito del lavoro di un pittore pazzo ispirato da esseri non umani:
         “Non devo dirti perché un Fuseli scateni davvero un brivido mentre un dipinto di fantasmi a buon mercato ci fa semplicemente ridere. C'è qualcosa che quel ragazzo cattura - al di là della vita - che riesce a imprigionarci per un secondo. Doré ce l'aveva. Sime ce l'ha. L'Angarola di Chicago ce l'ha. E Pickman ce l’ha come nessun altro uomo prima di lui e spero, come nessuno dopo di lui”.
Si potrebbe dire lo stesso di H. P. Lovecraft.
C’è qualcosa, una filosofia più profonda alla base della scrittura del Sognatore di Providence che lo porta ben oltre i semplici racconti pulp. Per questo Weird Tales (soprattutto Farnsworth Wright) lo pubblicava fino a un certo punto, perché la rivista era acquistata da gente semplice e che non arrivava oltre. Prima di Lovecraft l'orrore era in gran parte basato su diavolo o vampiri che odiavano il crocifisso il tutto condito con qualche sabbat delle streghe. Poi giunge Lovecraft e passa la paura della dannazione, viene dipinto un universo dominato non dalla lotta tra il bene e il male, ma dall'indifferenza nichilista. I mostri di Lovecraft sono così lontani da noi che non sono documentabili o, come ha detto eloquentemente: “Tutte le mie storie sono basate sulla premessa fondamentale che le leggi comuni e gli interessi e le emozioni della razza umana non hanno validità alcuna o significato nel vasto cosmo.”
Questa enfasi sull'insignificanza cosmica dell'umanità rende l'antisemitismo di Lovecraft molto strano.

“La popolazione di [New York City] è un branco misto con gli ebrei ripugnanti per la maggioranza, e le facce grossolane e le cattive maniere alla fine sono così insopportabili che si ha la sensazione di dare un pugno a tutti quei dannati bastardi,” scrisse nel 1931.
Lovecraft & Frank Belknap Long

Se Lovecraft era orgoglioso di una cosa, era la sua eredità ancestrale, degli Antichi Romani e poi dei britanni– un’eredità che temeva sarebbe stata diluita dagli immigrati e dalle culture “aliene”. E come molti antisemiti prima e dopo, si angustiava per il controllo ebraico dei media, scrivendo ancora nel 1933:

“non è tanto che il paese è invaso da autori ebraici, quanto che gli editori ebraici determinao quali dei nostri scrittori possa essere pubblicato e quante volte… il gusto è insidiosamente modoluto da loro e non conta quanto sia buona la narrativa…”

Da quello che leggiamo Lovecraft sembra considerare gli ebrei culturalmente pericolosi ma non pericolosi per quel che riguarda l’integrità biologica dei teutoni a differenza delle popolazioni di colore.
Pregiudizi? Razzismo? Bigotterie? Il tutto va comunque contestualizzato e storicizzato, in quell’epoca negli Stati Uniti c’era un profondo razzismo e Lovecraft non ne era fatto salvo. Lui non raggiungeva il livello del presidente Usa e di molti altri ma comunque, nelle sue lettere private, emerge questo fastidio. Anche se poi nella vita comune non ha mai fatto alcuna azione anche minimamente razzista. Ma è qui che le cose si fanno curiose:

“…la mente semitica, come quella dei celti e dei teutoni, sembra possedere alcune inclinazioni particolarmente mistiche; e la ricchezza della tradizione horror sotterranea che sopravvive nei ghetti e nelle sinagoghe deve essere molto più considerevole di quanto si possa immaginare. Il folklore ebraico ha conservato gran parte del terrore e del mistero del passato e, se studiato in modo più approfondito, è probabile che eserciti una notevole influenza sulla narrativa weird.”

Così scrisse HPL in Supernatural Horror in Literature, e questo è un elogio di Lovecraft e la sua successiva discussione su golem e dybbuks manca di ogni traccia di paranoia sugli ebrei che corrompono la letteratura “ariana”. Come, del resto fa il suo tutoraggio a favore dei giovani scrittori ebrei, come il superbo talentuoso Robert Bloch—l’autore di Psycho, che sin da ragazzo ebbe un lunghissimo e fitto scambio epistolare con Lovecraft. Per non parlare del giovane Kenneth Sterling—con cui scrisse il misterioso racconto “Tra le Mura di Eryx” che si presentò al suo domicilio senza essere invitato: “quel ragazzino ebreo che mi arrivava appena alla cintola… Dannazione [sic] se quel piccolo folletto non parla come un uomo di trenta—correggendo tutti gli errori della scienza. Non vorrei che il mondo lo scoraggiasse nei suoi sforzi.”


Robert Bloch


Né erano casi isolati di Bloch e Sterling, come dimostra la lunga e intensa amicizia di Lovecraft con il poeta ebreo Samuel Loveman. Al primo incontro, HPL ha descritto Loveman come “un ragazzo squisito di 20 anni che ne dimostrava quindici. È scuro e leggero, con una folta ricchezza di capelli quasi neri e un viso delicato e bello ancora estraneo al rasoio.” Questo appunto a proposito dei Mongoloidi ripugnanti. I due si legarono all'amore reciproco per Edgar Allan Poe e Lovecraft gli dedicò “Hypnos”.
La grande amicizia tra Lovecraft e Loveman (che era gay) ha fatto nascere inutili congetture sulla loro relazione. E anche se si può confondere “Hypnos” per una lettera d’amore, ben sappiamo che Lovecraft fosse eterosessuale, come se questo dovesse significare qualcosa, avendo avuto una storia con Winifred Virginia Jackson—tra l’altro quasi certamente mulatta—e poi essendosi sposato con l’ebrea ucraina Sonia Haft Shafirkin, più nota come Sonia Greene.

Lovecraft incontrò l’immigrata ebrea ucrania Sonia tramite il giornalismo amatoriale e ne fu affascinato intellettualmente, della Jackson invece era rimasto colpito dalla bellezza e femminilità.  Sonia vivace, dura, intraprendente e irrefrenabile. Ebrea nata in Russia nel 1883, emigrò negli Stati Uniti e si affermò come venditrice di cappelli alla moda. Il loro matrimonio durò più o meno due anni in cui Lovecraft visse a New York City.


Il razzismo-pregiudizio di Lovecraft e il suo retaggio sono oggi l'ennesima scaramuccia delle nostre interminabili guerre culturali. È possibile disprezzare l’opera narrativa di uno scrittore se questo nelle sue lettere private esprimeva opinioni bigotte o razziste? Probabilmente non sarebbe giusto perché, come detto, non si può astrarlo dal periodo in cui viveva. Che fine farebbero a questo punto capolavori come Ten Little Niggers (Dieci Piccoli Indiani) di Agatha Christie e The valley of the moon (La Valle della Luna) di Jack London?
H.P. Lovecraft era senza dubbio carico del bigottismo anglosassone ma questo non era centrale nelle sue visioni di alienazione cosmica e decadenza ereditaria. Ricordate che non disse a nessuno della sua famiglia del suo matrimonio se non dopo, e che furono le sue zie a non volere che il loro nipote potesse essere mantenuto da Sonia Greene. Ma questi sono argomenti triti e ritriti per chi conosce davvero Lovecraft. Di certo il padre di Cthulhu non ha mai sostenuto la violenza e la sua posizione conservatrice si ammorbidì con lo scorrere degli anni e forse, se fosse vissuto più a lungo, sarebbe persino diventato socialista. Aveva dei pregiudizi culturali ma non sperimentali—nel senso pratico, visti i numerosi amici ebrei che aveva, oltre la moglie chiaramente—come ha affermato più volte il suo più caro amico Frank Belknap Long.
Non si può incolpare un lettore nero se odia Lovecraft, e al contempo si deve essere turbati se un neonazista lo ammira per i suoi pregiudizi razziali che comunque HPL ha espresso solo nelle sue lettere private.
Il suo universo non è un’elaborata metafora razzista, neppure L’Orrore a Red Hook dove il cattivo che sacrifica gli immigrati è un vecchio bianco olandese!
La domanda è come mai un uomo che credeva nei mali della “mongrelizzazione” ariana sposò una donna ebrea? Perché aveva così tanti amici ebrei e perché li aiutava? Se credeva che l'unico buon ebreo fosse un ebreo assimilato, perché ammirava la tradizionale immaginazione ebraica?

Non ho risposte, solo ipotesi.