H.P. LOVECRAFT & IL RAZZISMO
Oggi la stella di H.P. Lovecraft
brilla fulgida nell’astronomia letteraria. I suoi così detti Miti di Cthulhu
appaiono, più o meno chiaramente, in qualsiasi film, fumetto o serie tv
horror-weird. Gli dèi alieni sono ovunque e i nomi delle divinità che
compongono il suo pantheon risuonano in decine di battute siano quelle di una
canzone, di un film di una serie tv, di un romanzo o di un fumetto. Yog-Sothoth
e Nyarlathotep sono penetrati ovunque: da Batman a South Park. È davvero ironico
per un uomo che odiava la cultura pop e si considerava un gentiluomo del XVIII
secolo nel bel mezzo dell'era del jazz.
Le storie di Lovecraft sono
particolari eppure potremmo tracciarne un fil-rouge: un intellettuale della
Nuova Inghilterra si crogiola troppo profondamente in antichi segreti e viene
distrutto da cose che l'umanità sarebbe stato meglio non avesse conosciuto. La
straordinaria immaginazione di Lovecraft non passa mai di moda: “Il Richiamo di
Cthulhu” prevede un culto mondiale per un mostro-dio morto, tentacolato,
destinato a una rinascita allo stesso tempo messianica e apocalittica. Leggendo
“La Maschera di Innsmouth” scopriamo gli abitanti di un villaggio morente del
Massachusetts ormai incrociati con esseri marini per ottenere vantaggi per la
loro economia ormai decadente. In “Alle Montagne della Follia” uno dei suoi pochissimi
romanzi, troviamo una spedizione in Antartide che scopre le rovine di una
civiltà pre-umana non del tutto estinta. E in “Il Colore Venuto dallo Spazio”,
di cui è appena uscito un film e a cui presto seguirà un saggio interamente
dedicato—che vedrà le stampe di qui a qualche settimana—abbiamo la descrizione
di uno degli alieni più memorabili e terrificanti di tutta la fantascienza (che
tra l’altro potrebbe persino essere un virus!). Le sue storie sono corredate da
temi decadenti, da oscuri segreti di famiglia e da conoscenze proibite. Non per
niente il suo epigono Stephen King (che gli deve tutto!), lo ha definito il più
grande scrittore horror.
Lovecraft, o HPL come è chiamato
dai suoi ammiratori, ha una prosa perfetta in lingua inglese che in italiano
perde fascino e forza. Qualcuno oggi lo
critica per il suo stile prolisso e per uno sviluppo dei personaggi
inesistente, quindi non dovrebbe essere così bravo, eppure lo è. Come dice il
narratore del “Modello di Pickman” a proposito del lavoro di un pittore pazzo
ispirato da esseri non umani:
“Non
devo dirti perché un Fuseli scateni davvero un brivido mentre un dipinto di
fantasmi a buon mercato ci fa semplicemente ridere. C'è qualcosa che quel
ragazzo cattura - al di là della vita - che riesce a imprigionarci per un
secondo. Doré ce l'aveva. Sime ce l'ha. L'Angarola di Chicago ce l'ha. E
Pickman ce l’ha come nessun altro uomo prima di lui e spero, come nessuno dopo di
lui”.
Si potrebbe dire lo stesso di H. P.
Lovecraft.
C’è qualcosa, una filosofia più
profonda alla base della scrittura del Sognatore di Providence che lo porta ben
oltre i semplici racconti pulp. Per questo Weird Tales (soprattutto Farnsworth
Wright) lo pubblicava fino a un certo punto, perché la rivista era acquistata
da gente semplice e che non arrivava oltre. Prima di Lovecraft l'orrore era in
gran parte basato su diavolo o vampiri che odiavano il crocifisso il tutto
condito con qualche sabbat delle streghe. Poi giunge Lovecraft e passa la paura
della dannazione, viene dipinto un universo dominato non dalla lotta tra il
bene e il male, ma dall'indifferenza nichilista. I mostri di Lovecraft sono
così lontani da noi che non sono documentabili o, come ha detto eloquentemente:
“Tutte le mie storie sono basate sulla premessa fondamentale che le leggi
comuni e gli interessi e le emozioni della razza umana non hanno validità
alcuna o significato nel vasto cosmo.”
Questa enfasi sull'insignificanza
cosmica dell'umanità rende l'antisemitismo di Lovecraft molto strano.
“La
popolazione di [New York City] è un branco misto con gli ebrei ripugnanti per
la maggioranza, e le facce grossolane e le cattive maniere alla fine sono così
insopportabili che si ha la sensazione di dare un pugno a tutti quei dannati
bastardi,” scrisse nel 1931.
Lovecraft & Frank Belknap Long
Se
Lovecraft era orgoglioso di una cosa, era la sua eredità ancestrale, degli Antichi
Romani e poi dei britanni– un’eredità che temeva sarebbe stata diluita dagli
immigrati e dalle culture “aliene”. E come molti antisemiti prima e dopo, si
angustiava per il controllo ebraico dei media, scrivendo ancora nel 1933:
“non è
tanto che il paese è invaso da autori ebraici, quanto che gli editori ebraici
determinao quali dei nostri scrittori possa essere pubblicato e quante volte…
il gusto è insidiosamente modoluto da loro e non conta quanto sia buona la
narrativa…”
Da quello che leggiamo Lovecraft
sembra considerare gli ebrei culturalmente pericolosi ma non pericolosi per
quel che riguarda l’integrità biologica dei teutoni a differenza delle
popolazioni di colore.
Pregiudizi? Razzismo? Bigotterie?
Il tutto va comunque contestualizzato e storicizzato, in quell’epoca negli
Stati Uniti c’era un profondo razzismo e Lovecraft non ne era fatto salvo. Lui
non raggiungeva il livello del presidente Usa e di molti altri ma comunque,
nelle sue lettere private, emerge questo fastidio. Anche se poi nella vita
comune non ha mai fatto alcuna azione anche minimamente razzista. Ma è qui che le
cose si fanno curiose:
“…la
mente semitica, come quella dei celti e dei teutoni, sembra possedere alcune
inclinazioni particolarmente mistiche; e la ricchezza della tradizione horror
sotterranea che sopravvive nei ghetti e nelle sinagoghe deve essere molto più
considerevole di quanto si possa immaginare. Il folklore ebraico ha conservato
gran parte del terrore e del mistero del passato e, se studiato in modo più
approfondito, è probabile che eserciti una notevole influenza sulla narrativa
weird.”
Così scrisse HPL in Supernatural Horror in Literature, e
questo è un elogio di Lovecraft e la sua successiva discussione su golem e
dybbuks manca di ogni traccia di paranoia sugli ebrei che corrompono la
letteratura “ariana”. Come, del resto fa il suo tutoraggio a favore dei giovani
scrittori ebrei, come il superbo talentuoso Robert Bloch—l’autore di Psycho, che
sin da ragazzo ebbe un lunghissimo e fitto scambio epistolare con Lovecraft. Per
non parlare del giovane Kenneth Sterling—con cui scrisse il misterioso racconto
“Tra le Mura di Eryx” che si presentò al suo domicilio senza essere invitato: “quel
ragazzino ebreo che mi arrivava appena alla cintola… Dannazione [sic] se quel
piccolo folletto non parla come un uomo di trenta—correggendo tutti gli errori
della scienza. Non vorrei che il mondo lo scoraggiasse nei suoi sforzi.”
Robert Bloch
Né erano casi isolati di Bloch e
Sterling, come dimostra la lunga e intensa amicizia di Lovecraft con il poeta
ebreo Samuel Loveman. Al primo incontro, HPL ha descritto Loveman come “un
ragazzo squisito di 20 anni che ne dimostrava quindici. È scuro e leggero, con
una folta ricchezza di capelli quasi neri e un viso delicato e bello ancora
estraneo al rasoio.” Questo appunto a proposito dei Mongoloidi ripugnanti. I
due si legarono all'amore reciproco per Edgar Allan Poe e Lovecraft gli dedicò
“Hypnos”.
La grande amicizia tra Lovecraft
e Loveman (che era gay) ha fatto nascere inutili congetture sulla loro
relazione. E anche se si può confondere “Hypnos” per una lettera d’amore, ben
sappiamo che Lovecraft fosse eterosessuale, come se questo dovesse significare
qualcosa, avendo avuto una storia con Winifred Virginia Jackson—tra l’altro
quasi certamente mulatta—e poi essendosi sposato con l’ebrea ucraina Sonia Haft
Shafirkin, più nota come Sonia Greene.
Lovecraft incontrò l’immigrata
ebrea ucrania Sonia tramite il giornalismo amatoriale e ne fu affascinato
intellettualmente, della Jackson invece era rimasto colpito dalla bellezza e
femminilità. Sonia vivace, dura,
intraprendente e irrefrenabile. Ebrea nata in Russia nel 1883, emigrò negli
Stati Uniti e si affermò come venditrice di cappelli alla moda. Il loro
matrimonio durò più o meno due anni in cui Lovecraft visse a New York City.
Il razzismo-pregiudizio di Lovecraft
e il suo retaggio sono oggi l'ennesima scaramuccia delle nostre interminabili
guerre culturali. È possibile disprezzare l’opera narrativa di uno scrittore se
questo nelle sue lettere private esprimeva opinioni bigotte o razziste? Probabilmente
non sarebbe giusto perché, come detto, non si può astrarlo dal periodo in cui
viveva. Che fine farebbero a questo punto capolavori come Ten Little Niggers (Dieci Piccoli Indiani) di Agatha Christie e The valley of the moon (La Valle della
Luna) di Jack London?
H.P. Lovecraft era senza dubbio carico
del bigottismo anglosassone ma questo non era centrale nelle sue visioni di
alienazione cosmica e decadenza ereditaria. Ricordate che non disse a nessuno
della sua famiglia del suo matrimonio se non dopo, e che furono le sue zie a
non volere che il loro nipote potesse essere mantenuto da Sonia Greene. Ma
questi sono argomenti triti e ritriti per chi conosce davvero Lovecraft. Di
certo il padre di Cthulhu non ha mai sostenuto la violenza e la sua posizione
conservatrice si ammorbidì con lo scorrere degli anni e forse, se fosse vissuto
più a lungo, sarebbe persino diventato socialista. Aveva dei pregiudizi
culturali ma non sperimentali—nel senso pratico, visti i numerosi amici ebrei
che aveva, oltre la moglie chiaramente—come ha affermato più volte il suo più
caro amico Frank Belknap Long.
Non si può incolpare un lettore
nero se odia Lovecraft, e al contempo si deve essere turbati se un neonazista
lo ammira per i suoi pregiudizi razziali che comunque HPL ha espresso solo
nelle sue lettere private.
Il suo universo non è
un’elaborata metafora razzista, neppure L’Orrore
a Red Hook dove il cattivo che sacrifica gli immigrati è un vecchio bianco
olandese!
La domanda è come mai un uomo che
credeva nei mali della “mongrelizzazione” ariana sposò una donna ebrea? Perché
aveva così tanti amici ebrei e perché li aiutava? Se credeva che l'unico buon
ebreo fosse un ebreo assimilato, perché ammirava la tradizionale immaginazione
ebraica?
Non ho risposte, solo ipotesi.