La Creatura di Gyeongseong e H. P. Lovecraft
A prima vista, La creatura di Gyeongseong e l’universo letterario di H. P. Lovecraft potrebbero sembrare lontani: l’uno una serie TV coreana ambientata nella Seul coloniale del 1945, l’altro un corpus narrativo statunitense degli anni ’20 e ’30 incentrato su culti alieni, conoscenze proibite e mostri ancestrali. Eppure, dietro il velo della superficie si cela un’inaspettata consonanza.
Eppure entrambi esplorano l’orrore dell’ignoto, il limite della conoscenza, la decadenza dell’umano e la follia come risposta al contatto con l’inspiegabile. Non siamo solo davanti a creature mostruose: siamo al cospetto dell’abisso ontologico in cui il senso dell’umano si dissolve.
In Lovecraft, mostri come Shub-Niggurath o Wilbur Whateley (L'Orrore di Dunwich) incarnano l'idea che l’umano sia poroso, instabile, fragile. Nella serie coreana, la creatura generata dagli esperimenti giapponesi segue un’analoga logica: è un corpo mutato, de-umanizzato, in grado di sopravvivere ma privo di volontà e identità. È un essere che non appartiene più alla nostra biologia né alla nostra etica.
“L’essere che si contorce nel laboratorio non è altro che uno specchio rovesciato dell’uomo moderno, vittima della sua stessa scienza.”
Come in Herbert West, Rianimatore, l’aberrazione nasce da un esperimento scientifico spinto oltre il limite etico, dove la morte stessa è negata. In entrambi i casi, l’orrore non è soprannaturale in senso religioso, ma biologico, razionale, meccanicistico — ed è proprio questo a renderlo ancora più terrificante.
In Lovecraft, la ricerca della conoscenza conduce all’autodistruzione: l’uomo non è fatto per conoscere i segreti dell’universo. Nella serie, l’ospedale Ongseong è una riedizione lovecraftiana forse del mito della Torre di Babele: qui si compiono esperimenti per manipolare la biologia, creare l’essere perfetto, sconfiggere la morte.
Questa "scienza deviata" ha un’eco evidente nel racconto Alle montagne della follia, dove una spedizione scopre una città antica e i resti di una razza biologicamente superiore (gli Antichi). I protagonisti vi leggono la loro storia, ma pagano con la perdita della ragione.
Se Lovecraft pone il suo orrore in città decadenti, templi sepolti, villaggi malsani come Innsmouth, Arkham, o nelle profondità oceaniche, La creatura di Gyeongseong ambienta il terrore in una Seul coloniale militarizzata, oppressa, e profondamente malata.
Nella serie sono molti i riferimenti all'epoca Lovecraftiana, soprattutto nella prima stagione. Ci sono, peraltro, anche similitudini ambientali come sotterranei oscuri come le catacombe o i laboratori lovecraftiani, l'ospedale Ongseong poi, sembra uscito proprio dalla penna del Sognatore di Providence.
Lovecraft associa il male a culti e antichi ordini, nella serie tv invece è associato a esperimenti militari e coloniali.
Un punto centrale del pensiero lovecraftiano è che l’universo è indifferente. Le sue entità non sono cattive — sono solo troppo grandi per essere comprese. L’uomo è una formica che crede di dominare il proprio mondo. Quando scopre l’orrore, impazzisce.
Nella serie coreana, questa indifferenza prende forma attraverso varie forme. La brutalità dell’Impero giapponese (che usa gli esseri umani come cavie). La creatura, priva di coscienza morale, ma nata dalla mano dell’uomo, come in Frankenstein. La perdita della memoria e dell’identità come condanna esistenziale (elemento centrale nella seconda stagione).
Lovecraft è stato definito un materialista cosmico: per lui, l’uomo non ha un posto privilegiato nell’universo. Le sue storie sono spesso letture antropologiche al negativo: mostrano come la pretesa di centralità dell’umano sia un’illusione.
La creatura di Gyeongseong, pur mantenendo una forte carica emotiva e politica (legata alla dominazione giapponese), si avvicina a un post-umanesimo critico. La creatura, figlia dell’uomo, è un nuovo stadio dell’evoluzione tragica: è ciò che accade quando la tecnologia precede l’etica.
La serie coreana non è un semplice omaggio a Lovecraft. È una rielaborazione culturale e politica del suo orrore. Al terrore cosmico, la serie sostituisce un orrore storico, biologico e istituzionale, ma mantiene l’elemento cruciale: l’irrappresentabilità del male, l’impossibilità di comprenderlo e l’assurdità del tentativo di dominarlo.